Studio 22
piazza del Popolo 22 – Specchia (Lecce), 73040
Luigi De Giovanni
https://www.degiovanniluigi.com
Luigi De Giovanni con la pizzica, pennellata dopo pennellata, riesce a catturare l’anima, l’Humus e il Genius di un ballo che racchiude in sé la spiritualità del Salento.
La mostra partecipa alla 19 “Giornata del Contemporaneo” indetta da AMACI Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani
7 ottobre 2023 – ore 9.00/12.00 – 17.00/21.00
SCHEDA TECNICA
Il ritorno alle origini, ai suoi luoghi, al suo Io e all’humus che l’ha nutrito, è diventato per Luigi De Giovanni un’urgenza, non solo pittorica, che l’ha travolto riportandolo a amar ancor di più la sua cultura, la sua terra, allo stesso tempo ad un’immersione nella riscoperta di quel Genius Loci che pare ogni volta suggerirgli le tracce e i colori che prendono forma sulle sue tele. Colori che l’artista fa emergere con toni cupi e a volte angoscianti e che riportano a prima dell’emigrazione, della presa di coscienza dei salentini d’essere persone e non mani e braccia da sfruttare: colori che descrivono il rifugio nelle tarantolate dove, ballando freneticamente sino allo sfinimento, emergeva un sentimento di dolore nascosto d’apparente divertimento con la pizzica. Così l’artista inseguendo i suoi pensieri e il suo inconscio si ritrova a percorrere sulle tele le linee di movimenti ancestrali che, al rullar di tamburelli, scaturiscono quasi spontanee dai corpi travolti dal ritmo che fa interpretare la musica che ha accompagnato gli antenati. Nel rullare frenetico e nei canti che san di rituale è la danza che, diventa più intensa e capace d’interpretare sentimenti, turbamenti e dolore, si fa catarsi di antiche storie di fame, dolore e sofferenza. Nei corpi che si curvano, s’inseguono, s’innalzano in movenze allusive c’è il racconto che l’artista ha voluto fissare con ampie e significative pennellate dove si intuisce la mestizia di una dolorosa malinconia. Per lui è stato importante cogliere un gesto, un assolo saltellato e accompagnato da gesti abbraccianti di scialli, diventati protagonisti di allusioni e giustificazioni mimiche. Il corpo della donna in queste opere racconta di esorcismi, di rituali terapeutici e credenze popolari, di dolore e d’abbandono al ricordo di quella fame che aveva morsicato lo stomaco dei poveri prima degli anni sessanta, ma soprattutto d’amore per una terra e una cultura che sa stupire. Nella sua ricerca fra le note, i movimenti e i passi della pizzica De Giovanni si fa travolgere da un rimando ai tempi moderni che vedono le piazze salentine infervorate da pizziche pazzesche che superano quel significato intimo e doloroso del passato per diventare puro divertimento e gioia. L’artista sceglie di riprendere le scene descritte nei paesaggi facendo delle aie, che accolsero i frutti del lavoro, luogo di memoria, di evocazione ma anche di gioia. In alcune opere è evidente il passo zoppicante della pizzica diventata armonia negli svolazzi delle ampie gonne tenute con grazia, nei fazzoletti divenuti provocanti ed invitanti e nei gesti dei corpi flessuosi che inchinandosi, avanzando o indietreggiando descrivono storie di corteggiamento o dolore. De Giovanni sceglie di cogliere alcuni tratti e spesso ha tralasciato i piedi perché se è vero che si danza con i piedi e altrettanto vero che è il corpo a raccontare: a ricordare sensazioni e spiritualità. Lui si concentra sulle accennate linee suggerite da corpi femminili che esaltano le memorie ataviche che ancora vogliono prendere forma e colore così, pennellata dopo pennellata, riesce a catturare l’anima, l’humus e il Genius di un ballo che racchiude in sé la spiritualità del Salento.
Federica Murgia